Zen Zero

Io pongo oggi davanti a te
la vita e il bene,
la morte e il male
[…]

scegli dunque la vita,
perché viva tu
e la tua discendenza

Dt 30, 15.19

1. L’Alba del Nibbana

Era per non scrivere che avevo ripetuto per l’ennesima volta “L’Alba del Nirvana” (Tempio dell’Eden, Val di Mello) non per la linea originale, ma per la variante a dx del chiave, già descritta da altri ripetitori.

Erano con me Silvia e Lorenzo, in preparazione ad ArrampicAnde.

Alla fine è andata molto bene.
Silvia ha una sensibilità propriocettiva sopraffina e arrampica sul V mellico senza sforzo apparente, specie in fessura. E Lorenzo guida la sua compagna con grande precisione. Così, nonostante gli inghippi (statica su cui saliva Silvia molto pesante e difficile da manovrare, specie nei recuperi; calata ufficiale di fine via con un ancoraggio – ch a u – saltato perché marcio) abbiamo concluso la via in 4 ore comode.

La via è bella come sempre, logica ed elegante.
Questa volta credo  di aver capito perché Guerini l’ha chiamata così: se, come da tradizione buddhista, il nirvana è l’estinzione del desiderio, per lui (e forse anche per Gossemberg) rinunciare all’allettante fessura strapiombante di “Morti Viventi” dev’essere stato come un inizio di illuminazione.

Forse…

Il Tempio dell’Eden, magnifico, sabato ha fatto onore al suo nome.

Abbiamo concluso la giornata sulla ovest del Remenno, tra un ultimo tiro per Kevin (che su granito ha qualche difficoltà di movimento in più per la scarsa definizione degli appoggi) e i tentativi di Luca Sox e Ralf su una bella fessura strapiombante da proteggere.

Sasso Remenno – Ralf “vola come una colomba”
durante il suo tentativo alla fessura

 

2. Vietato Vietare

Sabato sera, nonostante la via ripetuta in giornata, non siamo stati molto nirvanici.
Il vino era buono…
E le attrattive di samsara hanno prevalso.
Così ieri mattina mi sono svegliato con un discreto cerchio alla testa.

Devo dire che la via allo Schenun (bella e iperprotetta) si è rivelata più insidiosa del dovuto proprio a causa del mio equilibrio vacillante.

Ma alla fine più che il dolor (di testa) poté il digiuno (cui mi sono sottoposto per contrastare la nausea). E, grazie al mio ascetico e dolente progredire, Silvia e Lorenzo hanno potuto contemplare anche la media Val Masino dal bel balcone naturale della calotta sommitale alla conclusione delle vie.

Intanto Luca Sox e Fisher prestazionano sulla vicina “Coda di Dinosauro” e Ralf, GiPi e Riccardo su “Attenzione Caduta Vipere”.

Dall’intera vicenda – ovvio – si evince che nella sua essenza il buddhismo (mirare al nirvana) potrebbe non essere proprio una filosofia di vita, ma un stratagemma piuttosto sofisticato per evitare mal di testa post sbornia (evitando le sbornie tout court).

Silvia e Lorenzo in arrampicata su L4

 

3. Sulla natura zen “de noantri”

Nel frattempo uno di noi, per un malessere, resta a terra.

Per recuperare non ricordo che cosa, va all’auto di GiPi, la apre, appoggia le chiavi all’interno e  – per una disattenzione – le chiude dentro.

Al nostro ritorno alla base della parete abbiamo il problema di aprire l’auto di GiPi, con le chiavi all’interno.

GiPi, quasi la situazione non lo toccasse, con calma zen o forse olimpica (non so), si dedica a spiegarmi come funziona la calata con frizione di due persone su due singole. Intanto gli altri si ingegnano a capire come recuperare le chiavi.  È Lorenzo a trovare la soluzione: tocca il vetro con la punta di widia di uno dei bastoncini da trekking di Silvia; e quello va subito in pezzi.

Problema risolto.

Intanto Ricky segnala allo sventurato smemorato che, forse, le chiavi gli sono rimaste in auto perché, di tanto in tanto, gli sfugge qualche imprecazione [detta anche bastiema] contro il Capo, lassù, YHWH, l’Onnipotente.
Lui, lo smemorato, accusa il colpo.

Ma che cosa dire di GiPi, allora? Anche lui avrebbe subito le conseguenze per le sue occasionali imprecazioni?

La questione è interessante.

L’approccio giudaico-cristiano affronta il problema a partire dal concetto di peccato, inteso come violazione della Legge eterna, offesa rivolta a Dio e ferita inflitta a sé stessi e agli altri.  Da un peccato commesso intenzionalmente deriva la punizione divina, che è mitigata o annullata dal perdono dell’Onnipotente qualora il peccatore si penta.

L’approccio buddhista si esprime in modo simile ricorrendo al concetto di karma, le conseguenze dell’azione (e del pensiero) che, se distruttive,  volontarie o involontarie che siano, ritornano come un boomerang su colui che le ha originate. Di qui l’astensione dal desiderare e dall’agire. Talvolta un karma negativo può essere in parte compensato da un karma positivo.

A contestazione di entrambe le concezioni sta il fatto che, come dice Giobbe, spesso nella nostra vita quotidiana constatiamo che  i malvagi prosperano e i giusti soffrono.

Quindi?
Possibile che un’imprecazione sfuggita per caso o per abitudine a una persona buona e onesta abbia conseguenze da spiacevoli a gravi mentre omicidi, sopraffazione e violenze no? E come spiegare la sofferenza degli innocenti, di chi nella sua vita non ha fatto nulla di male?

È un antichissimo problema cui l’umanità non è mai riuscita a dare risposta.

E non ci riuscirò certo io.
Tuttavia, se la dottrina del peccato o del karma, nella loro differenza, a possono insegnare qualcosa anche ai non credenti,  questo è che, anche qualora Dio non fosse (o gli dei ci ignorassero), avere pensieri malevoli verso l’origine delle cose è a sua volta causa di guai: se provo odio per il mondo,  mi metto io per primo nelle condizioni di far andare storte le cose:  il tedio per la vita  è di per sé autodistruttivo.

È un caso particolare della regola pratica più generale presentata da Nathanael Balasso in questo video folle, caustico e irriverente.

Certo che non è facile amare questo mondo balordo, eh?

Comunque sarà meglio che mi disciplini, va’…

O… zot!

:mrgreen:

***

Niente relazioni delle vie.
Ce ne sono a tonnellate in rete.

Tra tutte segnalo:

– Per L’ALBA DEL NIRVANA – Sass Baloss
– Per VIETATO VIETARE – CAI Barlassina

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