… e me ne andrò. Ma gli uccelli rimarranno, cantando:
e il mio giardino rimarrà, col suo albero verde,
col suo pozzo d’acqua.
[…]
Le persone che mi hanno amato moriranno,
e ogni anno la mia città si rinnoverà.
Ma il mio spirito vagherà sempre nostalgico
nello stesso nascosto angolo del mio giardino fiorito.
Juan Ramon Jimenez,
El Viaje Definitivo
Soundtrack – Heart Beat, Pig Meat
Zabriskie Point – Pink Floyd [1970]
Uno – Un altro me stesso…
… più giovane, mi guarda da una foto in camera mia.
Lo sguardo arriva da quasi trent’anni fa.
L’altro me stesso è con il socio di allora, Riccardo C., in sosta in una nicchia nella tonalite del Salarno, al fresco e all’ombra, mentre fuori un impietoso sole estivo li aspetta per mostrare loro la crudezza del Meriggio. Ha i capelli lunghi e neri, lo sguardo mite.
Io – qui, ora – ho capelli corti e grigi. Il mio sguardo non so come sia. Dicono “freddo”.
Ho attraversato il Meriggio. E, forse per questo, inciampando nelle trappole che il mondo tende e facendomi più male del dovuto, ne porto i segni.
Vorrei avvisarlo, metterlo in guardia: “Stai attento: gli altri sono pericolosi, pazzi. Uccidono te per lottare contro fantasmi che vengono dal loro passato e di cui nemmeno conoscono l’esistenza.”
Ma lui non può sentirmi.
Tra poco uscirà dalla fresca nicchia di granito e partirà per affrontare la spietata luce piena del sole.
Però, con il suo sguardo mite, sembra dirmi: “Non posso restare qui. Arriverà la notte. E non si può stare di notte in montagna.”
“Qui morirei. Devo scegliere tra due pericoli”, dice.
E, lui, va…
V+, non di più. Ma un bel V+, sprotetto.
Lui va. E se la cava.
2. Sette 7a
Era un gioco che facevamo, Stefano D. e io, da meno vecchi. Per convincerci ad arrampicare e ad alzare l’asticella dell’allenamento, per quanto possibile.
L’obiettivo al King era: “Sette 7a”, venissero come venissero.
Era un bel gioco.
Gli anni sono passati . Oggi sono con Eva.
“Sette 7a” è un sogno. Un volo in montagna con frattura a L2 (seconda vertebra lombare), un secondo volo di 25 m in apertura, cadute e infortuni di amici, cicatrici, l’età frenano.
Vorresti lasciarti andare, ma non riesci.
Eppure oggi…
Un 6c+ e due 7a, lavorati, ma non troppo: due tentativi ciascuno. La mente è libera. Vado veloce e prendo, anche appigli sfavorevoli.
Va bene così.
3. Niches
È venuto Koller a Brescia. Sì, quello del Pesce, invitato dal CAI.
Ha raccontato dei suoi 45 anni e più di attività.
Dice che oggi in falesia fa ancora il VIII/VIII+.
E dice che, per stare molti giorni in parete, dovrebbe avere più tempo per allenarsi. Tipo “un mese in Yosemite”, come in occasione della sua recente salita al Nose.
Non riesco a trattenermi e gli chiedo dell’uscita dalla nicchia del Pesce. Adesso si esce a dx, per placca appena strapiombante atletica, a buoni buchi. Ma lui e Sustr sono usciti a sx. Io non ho ricordi di roccia molto favorevole, a sx.
Com’è andata?

Lui mi racconta di un’uscita dal centro della nicchia (a dx il freddo impediva di arrampicare in tranquillità), di una sua piramide umana sulle spalle di Sustr, con la sosta a 7/8 m sulla dx, di un primo ch cattivo in artif., e di un secondo e di un terzo, migliori
Poi l’uscita è come da rel..
Chapeau…
***
Ci saranno ancora ferite e cicatrici…
Ma qui non si può restare. Si morirebbe.
E il sole è fuori, finché scenderà sotto l’orizzonte.
Non resta che andare.
E affrontare la luce senza ombre del fuori.