Neve d’Autunno

Chiedo gentilmente a Sandro di ospitare un mio articolo sulla via che abbiamo salito insieme il 26 ottobre: Neve d’Autunno, parete San Paolo, Arco.
Tanto vedo che lui ancora non ha scritto nulla a riguardo; del resto nemmeno io in queste settimane ho avuto tempo di sedermi al pc e scrivere.
Una volta lo facevo sempre. Il lunedì mattina era dedicato a raccogliere foto e idee, e scrivere l’articolo per il mio blog, che ora giace nel dimenticatoio del web, da qualche parte, in un angolino.

Anche le mie cose da arrampicata giacciono da tempo in un angolo remoto della cantina. La fiamma dell’arrampicata negli ultimi anni si è a poco a poco spenta in me, per vari e diversi motivi. Sandro invece va sempre: lui è un vero alpinista, di quelli che vivono da arrampicatori anche quando fanno le cose di tutti i giorni. Ero anch’io così.

1. L’antefatto

Una bella domenica mattina ci svegliamo e prima di alzarci gli chiedo se gli va di andare in falesia. Niente di impegnativo, ho bisogno anche di tempo per riposare e non fare nulla. Però ho voglia di scalare. Dopo un’ora siamo a Caionvico. Sempre lei, la cara vecchia falesia che vediamo da casa, sulla cui roccia abbiamo entrambi consumato un bel po’ di pelle negli anni.
La giornata è divertente; riprendo in fretta confidenza con l’arrampicata; anzi, sento il gesto che torna naturale, quasi come se non avessi mai smesso di farlo. Sento il mio corpo disegnare movimenti agili, le mani che fanno presa, le gambe che si muovono e il peso che si sposta in perfetta autonomia a cercare l’equilibrio migliore. Chiaramente la forza è quello che è. Ci divertiamo, passiamo ore serene.

Qualche giorno dopo: “Sandro, però, potremmo andare a fare una via sabato, visto che sono in ferie”. Gli si accendono gli occhi.

2. Neve d’autunno

Venerdi sera passiamo in rassegna le vie papabili ad Arco (e dove, se no?).
Quello che segue è un viaggio nel passato, almeno per me.

Quante sere passate a sfogliare le vie…
Quante sveglie avrei voluto spegnere girandomi dall’altra parte…
Quante albe ho visto tra una galleria e l’altra della Gardesana…
Quanti caffè pieni di aspettative, e magari anche con qualche ansia per le ore che sarebbero seguite…
Il tintinnare del materiale che appendo all’imbrago. Quel po’ di freddo durante i preparativi, sopportato perché tanto, poi, camminando passa. La corda sulle spalle. Lo sguardo a cercare la linea. I soliti discorsi mentre si cerca l’attacco e non si è sicuri che sia quello giusto.

E poi c’era stato quel giorno freddissimo, gennaio 2015. Avevo cercato Sandro, che quasi non conoscevo di persona, per chiedergli se voleva scalare con me; e lui, gentilissimo, aveva accettato. Volevo scalare con Sandro de Toni. E da allora, tutti questi momenti, li ho condivisi con lui.

L’unica cosa che manca oggi è la domanda di rito “parto io o parti tu?”
Non mi lego in cordata da quasi 3 anni; non me la sento di andare da prima.
Lo presagisco già.
I primi metri bellissimo; poi arriva l’incertezza, il dubbio sulla linea, il chiodo lontano, e quella cosa che prende lo stomaco: oggi non la saprei domare; oggi sarebbe più forte di me. Oggi non voglio queste sensazioni, ma voglio la parete da scalare in tranquillità, immersa nel sole e nei colori. Oggi sarò una brava seconda.

E così i 10 tiri filano via lisci, tra i sorrisi in sosta, le grandi sorsate di acqua (fa un caldo pazzesco!), e l’ammirazione per la giornata davvero stupenda. Arrivati in cima, solita discesa noiosa ma breve.

3. Post climbing

E infine il consueto giretto ad Arco, che termina al bar Trentino per birra e panino. Mi ricordo ora che l’ultima volta che sono stata qui era in occasione del Campionato Italiano di corsa in montagna a staffette, maggio 2018. Avevo corso su e giù dal Castello, poi su e giù per i prati di Laghel, poi a perdifiato in paese. Avevo fatto una bella gara, e sfiorato il podio.

Ci sono giornate che riescono bene, come questa.
Quando tutto si incastra e ti chiedi: “Dove sta la fregatura?”.
Ma oggi non c’è.
Oggi la Fregatura non è arrivata, ci siamo goduti una giornata tutta nostra: a ogni sosta ad ammirare la valle in una splendida giornata di autunno, di quelle che trovi nelle riviste delle agenzie turistiche.

Noi siamo sorridenti, rilassati, un tiro dopo l’altro e va tutto bene. Come se il destino volesse dirmi che il mio posto è quello: appesa ad una sosta in parete tra la gioia del tiro salito e l’attesa di quello da scalare.
Ma io so che non è così.
Il tempo dell’arrampicata come parte della mia vita è finito, per ora.
Però di tanto in tanto mi riprometto di tornare a scalare, così per il puro piacere di farlo. Centellinare queste giornate fa sì che le viva con profonda gioia e lasciando da parte aspettative prestazionali di cui ormai non è più tempo.

4. Post scriptum del vecio alpinisten

Come al solito, in questo periodo riesco a scrivere solo nei ritagli di tempo.
Sarò brevissimo.

  1. Giornata magnifica; per una volta ho riprovato il piacere di arrampicare con la socia di cordata che volevo e che ora ho solo di tanto in tanto (come socia di cordata, eh?); poi lei c’è sempre, a darmi i minuti nelle gare di corsa e a bacchettarmi per quello che faccio di sbagliato, ovvero quasi tutto ; Eva, ti amo 😉 ;
  2. Non sono un ex alpinista, ma un ex alpinisten; le due categorie sono diverse: l’alpinista, come mi ricordava Tiberio Quecchia, è un frequentatore della montagna allround (roccia, ghiaccio, scialpinismo); l’alpinisten è un frequentatore della montagna alla Carlo Codega (se non sapete chi è, chiedete a Vincenzo Regis), con un’attività frammentaria e random, la mia dedicata per lo più alla roccia d’antani.
  3. Avevo già fatto la via con Gianluca, ma non me lo ricordavo; sono proprio vecchio e distratto.

***

NEVE D’AUTUNNO MIGLIORATA
Cabas, Masera, Grill, Kluchner, Haupt, Maier – VII/VII+ (250 m)

La via è bella. Ma se volete i dettagli tecnici, sarà Sandro a darveli. Io sono solo una narratrice per niente analitica, oltretutto. I particolari della via, avendola salita da seconda, non me li ricordo neanche.
SI tratta di una via di 10 tiri, circa 250 metri. Grill potrebbe dire che è ritmica, nel senso che le difficoltà sono abbastanza omogenee, non ci sono interruzioni tipiche di questa zona con sentierini, sfasciumi o altro. Si arrampica dall’inizio alla fine, la roccia è quasi sempre buona o ottima. Qualche sfasciume arcense è presente, fare quindi la consueta attenzione.

Via che merita una ripetizione se si cerca un itinerario di difficoltà contenute, ben chiodato. Astenersi avventurieri o cordate in cerca di difficoltà. Ottima per portare la morosa o il moroso (frase che odio, quindi sarcastica), cui è richiesto di saper scalare fino al 6a in scioltezza.
Non serve nulla per integrare, se non qualche cordino per evitare frizioni fastidiose alla corda.

L1 – Placca tecnica diritti e in obliquo a sx; singoli boulderosi; riscaldare bene le dita (VI+/VII- – 25 m);
L2 – Placca a buoni buchi, in lieve obliquo a dx fino a un’ampia cengia (V+ – 30 m);
L3 – In obliquo a sx per gradoni e rampa; singolo in uscita (VI+ – 40 m)
L4 – Rampa a dx; appena possibile a sx per placca sotto un evidente diedro; fare sosta; il tiro successivo è contorto (V+ – 20 m);
L5 – Diedro atletico, traverso a sx sotto un tetto; diritti per spigolo (VI+ – 25 m);
L6 – Muro articolato di raccordo e cengia (V+ – 25 m);

L7 – In lieve obliquo a dx per gradoni e diedro strapiombante; poi in obliquo a sx, fino al margine sx di un tetto obliquo (VI+ – 20 m);

L8 – Rampa obliqua a dx (a ca metà, a sx, si separa la linea originale) fin sotto un tratto strapiombante, che si supera diritti su ottime prese (VII/VII+ – 15 m);
L9 – Obliquo a sx per placca, strapiombino rotto e boschetto in lieve obliquo a dx (IV – 25 m)
L10 – In netto obliquo a dx per bella placca; poi diritti per tettino e rocce rotte strapiombanti; non fidarsi troppo del ch sotto lo strapiombo (VI+/VII- – 30 m).

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