Crying Lightning

There was no cracks to grasp,
no gaps to claw

[…]

Your past times
Consisted of the strange
And twisted and deranged
And I hate that little game you had called
Crying Lightning

Arctic Monkeys
Crying Lightning – Homburg (2009)

 

1. 20 giorni all’Altro Mondo

Ormai qui i tempi sono frenetici.
Dal mio ritorno dal Perù ho lavorato su 7 – dico 7 – progetti.
Un record…
Specie quando ti insegnano – e io per primo insegno – che per scrivere un buon progetto è necessario tempo per capire, per decantare dati e intuizioni, per lasciare che la parte oscura della mente veda limiti e punti di forza dell’esistente e del cambiamento desiderato.
Che la mente oscura validi il cambiamento desiderato.

Ma, nei tempi iperliquidi del turbocapitalismo a intelligenza artificiale, di tempo, non ce n’è.
Bisogna produrre progetti come un fornaio pezzi di pane.
Imitando le procedure di matrigna natura, bisogna mettere al mondo centinaia di figli perché almeno alcuni sfuggano alle fauci di Mrtyu.

Quindi, Sandro, scrivi…
Scrivi di teatro euro-arabo come strumento di diplomazia culturale.
Di formalizzazione delle gestalten del divenire.
Di intelligenza artificiale e individuazione di pattern in ambito artistico e relazionale.
Di sensibilizzazione alla non partenza rivolta alla popolazione giovane di Costa d’Avorio e Guinea Conakry.
Di inclusione sociale delle donne migranti in provincia di Brescia.
Di accelerazione dei processi di integrazione lavorativa dei migranti in Europa.

Scrivi, Sandro, scrivi…

Ripenso al roteare della Via Lattea sopra le nostre teste nelle gelide notti della Quebrada Rurec.
Era incessante.
In quel luogo immobile, dai tempi lenti, mi ricordava il nostro mondo in continua accelerazione.
La stessa accelerazione da mondo globalizzato che mi aveva portato in 30 ore a percorrere rotte che i primi umani di Amerindia avevano impiegato millenni e i Conquistador decenni a tracciare.

Sì, oggi la vita non è che una serie di esperienze che Mrtyu divora senza sosta, senza nemmeno lasciarci il tempo di capire.

 

2. El dia tipico

Alzata a h 7:30, spinti fuori dal gelo, rapida colazione (e finalmente un po’ di caldo nello stomaco), prepara il materiale, sali in parete, scala e chioda, o assicura, piazza le fisse, arriva l’ombra, scendi.

Freddo.

Cena (finalmente qualcosa di caldo nello stomaco).

Alle 20:30 in tenda, lasciando il cielo a Via Lattea e luna e l’aria al gelo della notte.
Dormivamo con sonno di piombo, forse per il freddo, forse per l’aria sottile, forse per il continuo roteare del mondo, lassù ancor più rapido che qui magari perché più alto.

 

3. La Vendetta degli Apu (rel –  arrampicande)

Dice Pietro che le pareti della valle offrono diverse possibilità su difficoltà accessibili: IV, V.
Io non ne vedo, di pareti facili.
Mentre Ralf è sulla Fiamma Bianca, io punto a un progetto su difficoltà abbordabili vicino al campo, per Kevin, in modo che non debba fare troppa strada per arrivare all’attacco. Il moncone della gamba amputata gli si infiamma facilmente. E lui è spesso preda di febbri a sviluppo rapido e violento.
Davanti al campo, lungo un sistema di colatoi, la mia alterata mente da alpinista crede di vedere una linea accessibile: fessura erbosa, strapiombo da forzare, rampa erbosa a sx, placca sotto strapiombi e, sopra, una regolare e continua fessura appoggiata.

Con l’aiuto di Sox impiego 5 ore a salire la fessura erbosa e forzare il primo strapiombo, a piegare a sx per rampa erbosa e a far sosta sotto i grandi colatoi.

E con Sox e Riccardo ci vorranno altre 4 ore di bella arrampicata su placca (tutto in libera, tutto su protezioni mobili) e di orrenda arrampicata in strapiombo tra fango secco pressato ed erba, tirando friend e piazzando multimonti a raffica, per arrenderci all’evidenza.

Qui quello che sembra facile è difficile.
Quello che sembra accessibile labirintico.

Gli Apu di Quebrada Rurec sono abili a nascondere i loro segreti.
Mesto, sporco di terra, scosso da colpi di tosse, lascio all’ultima protezione una maglia-rapida recuperata chissà dove – di sicuro lontano da qui – e mi calo svitando multimonti a gogo.

 

3. L’Onda

Pietro ci crede.
La magnifica parete più a Nord, l’Onda, è percorribile.
Io vedo i muri lisci, luccicanti di granito ferroso, e penso alla quantità di protezioni che sarà necessaria a forzare la linea.
Ne vale la pena?
Ha senso portare su una parete così severa Silvia e Kevin?
Farli stare ore e ore in attesa per salire tarzanando da una protezione, di necessità vicina, all’altra?

GiPi ha visto un’altra possibilità, più in alto, una fessura ininterrotta per centinaia di metri che muore sotto strapiombi.
No, non per i ragazzi. Per noi vecchi, per darci una possibilità – o un’illusione – di avventura.
Forse la si riesce a salire quasi solo con protezioni mobili.
L’ha battezzata Magic Line.

Parto con Fischer, una mattina, in perlustrazione.
Passeremo sotto l’Onda, per boschi, e proseguiremo fin sotto l’attacco dell’altra fessura, per vedere com’è.

La macchia fitta sotto l’Onda, fuori dalle tracce segnate dalle vacche vaganti, è contorta, strana: Polylepsis ovunque e un buon odore di legno aromatico – Palo Santo? – a pervadere tutto.
Mi aspetto a ogni momento di veder sbucare un puma.

Arriviamo sotto la parete: i punti di accesso individuati a distanza dalle foto appaiono compatti o sporchi; e in alto i muri rilucono minacciosi e severi. Sporadici ciuffi di una pianta con un grande pennacchio oscillante al vento occhieggiano qua e là.
Si dovrebbe procedere continuando a forzare.
Ricordo l’esperienza su “La Vendetta degli Apu”.
No, questa parete merita più di una fila di multimonti dall’inizio alla fine.
Merita persone che sappiano arrampicare.

Proseguiamo a Nord verso l’altra parete, io con la testa rimbombante a ogni colpo di tosse dovuta all’accumulo di liquido nei polmoni.
Una grande lastra di granito, una specie di sarcofago, individuata dal basso ci fa da riferimento per l’attacco.
Vaghiamo a lungo nel bosco sotto la parete senza venire a capo del labirinto.
Una fessura larga quanto la Serpe Fuggente della Kundalini mellica mi fa pensare di essere alla radice della Magic Line.
Ma, no; non è lei: si spegne dopo 100 m.
Comunque ne prendo mentalmente nota.
Mi servirà da riferimento per individuare l’altra.
In una delle puntate sotto la parete riesco ad azzeccare l’accesso al sarcofago: purtroppo a dx non si passa (ci vorrebbero le corde); e non mi accorgo di una possibilità di passaggio a sx.
Abbandono.

Scendiamo a fondovalle, dove muoversi è più facile.
Da sotto si vede chiaramente che la Magic Line è larga almeno il doppio rispetto alla Serpe Fuggente ollerina. Per salirla ci vorrebbe una tripla serie di big bro, che non abbiamo.
Mi sa che non se ne fa niente.
Niente Onda, niente Magic Line.

L’unica possibilità interessante che ho notato durante l’esplorazione è una lingua di roccia appoggiata, rosa e arancio, a forma di zeta, con uno sviluppo di circa 200 m., sull’altro versante della valle, che mi è venuto di chiamare Crying Lightning.

Lì, sì, potrebbe essere V, V+.
Se non ci proviamo come spedizione, ci provo da solo, penso…
In caso di emergenza la parete è facile da abbandonare, sia a dx che a sx.

Rientriamo verso il campo base con le ombre che si allungano e il freddo che si risveglia.
Sarà un’altra notte di gelide stelle roteanti.

***

Ph Sotgiu, Sox, Fischer, in ordine sparso

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Soundtrack
Arctic Monkeys
Crying LightningHomburg (2009)

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