Technicolor

Che cosa stanno facendo in paradiso, ora
Dove peccato e tristezza non sono più?
La pace abbonda come fiume, dicono
Che cosa stanno facendo là, ora?

Mogwai
Le Revenants, 2013

 

1. Technicolor

È a Caionvico.
Ci ho incontrato Gino.
E ho impiegato due anni a ripeterla pulita.

Oggi eravamo lì, al caldo.
Un giro a vuoto, per ripassare.
Un secondo giro.
Chiusa.

Unta, ma sempre bella.

2. A est

Domani partiamo.
Eva ha un 10.000 a Lonato.
Poi puntiamo la prua a levante e molliamo gli ormeggi.

Non torno là da 6 anni, molto tempo.
Come sarà?

Leggo che hanno chiodato molto da quelle parti.
Ma ci saranno ancora sentieri nei boschi?
Las cretas, nonostante cadano a pezzi, saranno ancora lì?
Ci sarà ancora qualcuno nei paesi?
O saranno tutti a valle, nelle città, ad attendere mr Trump’s apolcalypsis?

 

3. Collassi

Oggi Eva è arrivata prima nella sua categoria a Lonato. Ha un futuro nella corsa.
Poi 300 km di autostrada e Gemona, Glemine (dove non si potrebbe arrampicare), 2 tiri fatti con molta fatica dal sottoscritto (un 6a+ – “Fandango” – che ti raccomando e un 6b – “Silvia Kelvin” – idem; tecnici, a prese piccole, su muro appena strapiombante – Gradi Falesia.it).

Quindi su, al paese.
Arriviamo al tramonto.
Il tetto a scala nel mezzo del pilastro, che all’epoca in una delle mie esplorazioni giovanili sotto le pareti avevo individuato come obiettivo per una possibile salita, si sta ampliando. Da sei anni a questa parte gli stacchi hanno eroso quel che restava della sezione mediana del pilone.
Nubi da pioggia, infuocate dal sole del tramonto, movimentano il cielo lasciando sprazzi d’azzurro. I faggi nel bosco sono ancora in veste primaverile.

Entriamo nel borgo.
Tutto sembra a posto. L’acciottolato è ordinato. E un paio di vecchi stavoli è stato risistemato ad alloggio.

Davanti a un piatto di frico mia zia e mio cugino mi raccontano di un paese di soli anziani. Nessuno fa più fieno. Resistono solo gli orti sotto il paese. Il bosco si avvicina alle case e, col bosco, anche vipere e zecche.

Giovani e adulti che in Carnia lavorano, lo fanno nei servizi e nel terziario avanzato. Le attività tradizionali (muratura e agricoltura) vanno scomparendo e lasciano a casa centinaia di persone. I paesi di montagna hanno perso in vent’anno il 80% della propria popolazione.

Qui le montagne sembrano crollare a tempo con gli uomini e le comunità, secondo sommovimenti che non rispettano più i ritmi biblici della geologia e della storia, ma il liquido fluire di internet.

 

4. Madrabau (info – Calcarea)

“Che cos’è, un mostro?”, chiede Eva.
“No, è il nome riadattato di uno dei chiodatori”, risponde Scai.
Primo giorno pieno in falesia.
Lotto con i denti per non appendermi su un 6b+. Ma non ci riesco.
Dimenticavo che in terra patria le vie lead sono su placche appena strapiombanti a tacche e gocce. Sarà una costante in questi giorni, con me appeso sul passo chiave di ogni tiro nel tentativo di attivare muscoli di dita e avambracci che iniziano a funzionare solo quando sono stanchi e inutili.

Eva prova “Arpa d’erba”, bellissimo 7a ora purtroppo unto e con alcune prese risolutive che Scai dice fatte a pezzi dalle picche di ignoti dry tooler. Lei riesce pulita da seconda, al secondo giro.

Le nubi sopra la nostra testa girano e ci graziano.
Serata da FarEast a suon di (e suonati dal) Lugana di Sirmione.
Mix di popoli e gusti.
La notte piove pesante.

 

5. Raveo

Con Giacco arriviamo alla conclusione che l’unica falesia frequentabile dopo l’acqua caduta è Cuel di Nuvolae (info – Omarut. Saliamo appena oltre Villa Santina in una bellissima giornata di sole.

Qui anche i 6a per me sono duri.
Pazienza…
Invece Giacco ed Eva macinano tiri a gogo.
È il regno dei placchisti. Maledets

Entusiasmanti le vie a dx della fascia di tetti. Salgo un 6b che – misteri della tettonica a placche – potrebbe essere a Finale.

Eva dimentica le sue Cobra sotto la parete.
Le ritroveremo lì il giorno dopo, lavate dalla pioggia e intatte.

 

6. Chiesetta

… ovvero della falesia degli impossibili gradi random.
Passiamo la mattinata a Chiaulis, io a digerire frico e crauti, Eva dedicandosi a un “10.000” mosso di allenamento sulla strada vecchia che la porta a far visita alla cascata di Salino, una volta meta di turisti e ora caduta nel dimenticatoio. Poi ci concediamo un giro a Paularo, dal quale contempliamo il Sernio e i Nuviernui apparire e scomparire tra nubi cariche di pioggia.

Saluto mia zia con un certo peso nel cuore.
Domani è prevista pioggia. E scenderemo a Misja, dove la meteo dà qualche garanzia in più. In questa vacanza non salirò più in val di Incarojo. Sarà per la prossima, sempre che nel frattempo la lava della liquidità postmoderna non fagociti la valle.

Chiesetta (info Webandana) si dimostra una falesia scorbutica, ben chiodata e con belle vie, ma con gradi strani. I 6a ricordano vagamente un 6c e i 6b+ un 7a. Con la scusa del bagnato non osiamo mettere le mani sul 7a di riferimento, nell’eventualità che sembri un 7b…

Riesco addirittura a toppare “Il Druido”, 6b di fessura appena strapiombante (in teoria il mio pane), per ben 2 volte. Colpa del frico?

Come dice FarEast, non è il caso di farsene troppo un problema. Capiti gli standard con cui sono gradati i tiri, ci si regola e ci si adegua, arrampicando al ribasso.

 

7. Misja Pec (info Planetmountain)

Finalmente il mio stile: strapiombi a canne e prese generose.
Chiudo “Rodeo” (prima catena) dopo un giro di ricognizione. Ci avevo fatto un inutile tentativo nella mia ultima vita, quando ero passato da queste parti con Ralf, Ivan e un giovane FarEast.

A Eva il posto non piace. Non ama vie unte e fisiche.

La giornata, iniziata sotto l’acqua, si conclude con un sole che gioca a nascondino tra le nubi. Ma risaliamo a Gemona, alla bella casa che Giacco ci ha messo a disposizione nella zona alta del paese, con vista magnifica su Prealpi e pianura friulana, di nuovo sotto una pioggia battente.

Comunque con la meteo ci sta andando di lusso. Finora abbiamo sempre arrampicato, nonostante il continuo gufare delle previsioni.

 

8. Planecis (info – Calcarea)

E infatti il giorno dopo splende il sole.

Con Sara e Giacco saliamo all’omonimo antico gruppo di stavoli trasformati ancora vent’anni fa in residenze estive, ora poco frequentate. Il posto è magnifico: sole, vento, fiori primaverili e stormire di alberi.

Mentre saliamo, Giacco mi regala un ulteriore pezzo di comprensione rispetto alle cause dell’arrovellante problema per cui l’età tra i 35 e i 45 sia particolarmente insidiosa per chi fa alpinismo. Secondo lui dopo i 40 anni viene meno la spinta riproduttiva. Quindi può essere che l’organismo – ma non la mente conscia – capisca che è ora di chiudere baracca. E inizia il non solo metaforico descensus ad inferos.
Me lo segno.
Non si sa mai.

La breve “Tre Grigri contro Tre Grigri” fa da introduzione alle varie eleganti “Danse” che la parete bassa, scoperta e chiodata – tra gli altri – da Scai, offre.

Un 7a nuovo a dx di “Sballando s’impara” (“Mambo”?) respinge tutti e tre. Sara insiste per mettere i piedi sotto un tavolino “scopo aperitivo”.

Scendiamo al Bunker, il bar di riferimento degli arrampicatori del posto.
Banchetto, più che aperitivo.

 

9. Ventaglio

Propone Scai la meta. È una falesia recente, aperta sopra la bella conca di S. Agnese su una fascia di stratificazioni incurvate in modo brutale dalle forze telluriche da sempre attive nell’area.

Eva e Scai chiacchierano di corsa, comune passione. Negli ultimi mesi lui si è sempre più spesso dedicato ai lunghi trail con grandi dislivelli. Io ascolto, rimuginando sul mio mal di schiena.

Arriviamo sotto la parete. Di lì a poco ci raggiungono anche tre giovani e forti alpinisti di Gemona.

I tiri, ancora da ripulire, sono piacevoli.
Eva riesce a vista su “Legittimo Impedimento”, elegante placca verticale a gocce, come da tradizione alto-friulana. Io provo un tiro di fessura e diedro stretto, dichiarato 6c, di cui tento di aggirare il chiave a sx senza riuscirci causa chiodatura. FarEast, sceso da Tolmezzo con Chiara per salutarci, passa diritto: “Non è 6c”, sentenzia.
Se lo dice lui…

“Chiodare bene non è facile”, penso. A volte, se privilegi la sicurezza, perdi la continuità e la fluidità del movimento. E viceversa.

Tetraplegia o codardia? Bah…

Verso le 16:00 da sud-ovest si avvicina l’ennesimo temporale della settimana. Scendiamo alle auto a rotta di collo. Io, come da tradizione, riesco a imbarcare a bordo l’unica zecca del gruppo. Mi si attaccherà clandestina all’interno coscia sx.

Davanti a una pizza Scai ricorda degli anni passati a esplorare le placconate del Wendenstock, una meta che io e Ralf abbiamo a lungo e invano corteggiato. Ha salito anche “Caminando” e alcuni tiri di “Batman”.

Lo ascolto con nostalgia.
Sarà per la prossima vita.

 

10. Sindrome da rientro

Passiamo quel che resta della vacanza con mia cugina, scoprendo che il pirlo bresciano è “prosecco con aperol” o “campari” a Tolmezzo e che qui lo spritz è un semplice bianco allungato con acqua.

Eva sente il peso del ritorno a casa, dopo una settimana ritmata sui tempi lenti, più umani, della vita da arrampicatori globetrotter, circondati dall’affetto di amici e parenti.

A me pare di non sentirlo, il peso.
Ma il mio computer resterà, chissà perché, a Gemona, via dei Scugjelars, a sabotare il mio lavoro settimanale e a ricordarmi che cuore è dove tesoro sta.

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Soundtrack – What Are They Doing in Heaven Today?
Mogwai – Les Revenants (2013)

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