La Lanterna

Gh’è mia tache,
ché
Ché, ghe n’è mia,
de tache

(c) Tita, Pasticcino

1. Nomi

I soliti dialoghi del ritorno.
Gianluca commenta la bellezza de “La Lanterna” e, trovando il nome insulso, mi chiede quale nome darei io alla via.

Io resto perplesso.
Su itinerari di altri il giochino mi risulta difficile.

Ma questa notte, in un flash onirico, mi arriva la risposta.
Tita e Simone si sono filmati in cima alla Presolana, dopo aver salito “Huascaran”, e hanno caricato il video su instagram. Nella storia recitano un mantra: “Gh’è mia tache, ché. Ché, ghe n’è mia, de tache

Il video va in loop.
Quindi, se lo si lascia girare, l’effetto è ipnotico:

Gh’è mia tache, ché. Ché, ghe n’è mia, de tache
Gh’è mia tache, ché. Ché, ghe n’è mia, de tache
Gh’è mia tache, ché. Ché, ghe n’è mia, de tache

Provare per credere.
A dire la verità nell’originale c’è anche un “brot” che dà un curioso effetto ritmico al refrain.


Il Rap de le Tache

“La Lanterna” non è bella come “Huascaran”.
E, qualche tacca, ce l’ha.
Però lo scioglilingua di Tita e Pasticcino ci sta a pennello…
Ecco io, “La Lanterna”, la chiamerei: “Ghe n’è mia, de tache, ché”…


L1 – Diedrino e placca finale

2. Bestemmie

“Perché, in parete, quando si bestemmia su un passo difficile, dopo ci ci sente meglio? Mentre una qualsiasi altra imprecazione non funziona così bene?”, chiede Gianluca, sempre al ritorno.

Guardo verso l’alto.
“Perché Dio è la causa di tutto, quindi anche delle rogne che si trovano in parete”, mi scappa detto.

Pensandoci meglio, però, non è una mossa molto intelligente imprecare contro la causa prima.
È come mettersi ad attaccar briga con un T. Rex.
È grosso e lento.
Però, se solo ti sfiora…

Mah…
Per fortuna sembra che Dio non se la prenda troppo.
O che non se ne accorga proprio.

E poi, se faccio una cazzata in parete, la responsabilità è mia, e non di Dio, no?

Mmm…
Mi sa che la domanda giusta è: “Perché NOI siamo così incazzati col mondo da dover bestemmiare la causa prima per stare meglio?”
E la risposta a questa domanda non è poi così facile; o almeno non così breve da dare…


L3 – Muro tecnico

Penso agli uomini del mio paese d’origine, uno sperduto villaggio della Carnia.
Molti di loro avevano la bestemmia come intercalare.
Perché?
Tutti peccatori incalliti?

3. Pepe

“Perché non metti un po’ più di pepe nei tuoi post?”, chiede. Sempre Gianluca.
“Cioè?”
“Sì, i tuoi post sono – come dire? – mosci…”

Alzo gli occhi per l’ennesima volta.
Non gli rispondo.

Eh…
Ho una reputazione da difendere.
Sono project designer, editor.
Chi mi assumerebbe, se mi comportassi come Maurùt di Erto?

“Dai, fai fallire i tuoi colloqui di lavoro; così poi andiamo solo ad arrampicare e facciamo tutte le vie che ti mancano”, incalza.
Sì, e poi chi paga la benzina?


L6 – Paretina smarza e camino

Scherza, lo so…
Però sventurata è la terra che ha bisogno di giullari, mi viene da dire chiosando Brecht: il matto, la matta, il joker, il vagabondo – uno degli arcani maggiori dei tarocchi – è un archetipo dirompente: genio e sregolatezza.
Se una società necessita della follia per rifondarsi – e in natura a volte questo capita – vuol dire che siamo a limite, ai confini di kaos.

4. Pubblicità regresso

Segnalo che ieri si è concluso l’IPCC summit in Corea del Sud.
Il sunto è: “Diamoci una mossa; o tra 30 anni sarà un disastro…” (il report esteso qui: IPCC)
Temo che l’appello resterà inascoltato.

Mah…
Penso proprio che Dio, senza orecchie com’è, non senta le nostre bestemmie.
E non senta la nostra rabbia.
Ma sente in qualche modo la nostra fame, la nostra avidità, la nostra frenesia.

E, con i suoi tempi e i suoi modi, molto più grosso di un T. Rex reagisce.
Molto più devastante, colpisce.
E, molto più miope, quel che distrugge, distrugge.

Non sto dicendo che Dio ci stia punendo perché bestemmiamo, eh?
Ma credo che ci sia un nesso profondo tra la rabbia che tutti ci portiamo dentro, indaffarati come siamo a produrre e consumare senza sosta, e l’immane tegola ambientale che ci stiamo tirando addosso.

E dato che i tempi dei cambiamenti delle nazioni, delle loro economie e delle loro politiche sono biblici, temo che le reazioni retroattive dell’ecosistema al riscaldamento globale in atto (siccità, uragani, carenza d’acqua, migrazioni forzate, guerre) ci colpiranno ben prima che i cambiamenti istituzionali abbiano effetto.
Anche perché ci sono Stati, gli USA tra i primi, che aspettano solo che il riscaldamento globale si accentui per poter sfruttare le risorse minerarie di Artide e Antartide.
Quindi campa cavallo…

Arrampicare e fare i buffoni potrebbero essere le uniche – ironiche – risposte sensate, anche in chiave di terapia personale, alla nostra – di noi esseri umani – folle corsa verso la terra di nessuno.

***

LA LANTERNA
Schnitzer, Holzknecht – VII- e A2 (210 m)

Via impegnativa con chiodatura lunga, da integrare con nut medio-piccoli e fr (noi abbiamo usato serie completa di BD fino al 4); è necessario sapersi proteggere bene: i punti di piazzamento delle protezioni non sono sempre evidenti. Meglio avere un solido VI+ di montagna per salire tranquilli. È preferibile ripetere l’itinerario in giornate feriali: nel fine settimana la probabilità di sganciare comodini volanti sulle cordate sottostanti è alta. Rel. primi salitori qui:  arrampicata-arco.

Avvicinamento – Come per “Orfeo”. Attacco in corrispondenza di un diedro verticale e strapiombante. Primo fix a circa 6 m

L1 – Lungo il diedro e per il successivo strapiombo a campana. Poi in lieve obliquo a sx per la rampa di continuazione del diedro; a circa metà rampa salire lungo una fessura circa 2 m a sx del fondo; al suo termine diedrino sulla sx e, per placca delicata, a dx alla sosta; 4° e 5° fix da sotto non si vedono; io ho risolto lo strapiombo a campana strisciando in artif. (1 BD 4) all’interno; Gianluca è stato più esterno; alcuni rami di fico sul pass. ostacolano la libera ma facilitano l’artif. (VI+ e A2 o VII – 35 m)
L2 – In obliquo a dx per placche rotte fino alla base di un diedro strapiombante e verticale; aggirare a dx un tetto e proseguire lungo il diedro fino a poter traversare a sx per cengia alla sosta (VII- – 30 m)
L3 – In lieve obliquo a sx per placca appena strapiombante; poi appena a dx e poi a sx al fix successivo; di qui ancora bella placca tecnica fino a entrare in un boschetto sospeso; si nota 1 sosta di Orfeo su cengia; raggiungerla tenendosi sulla sx della macchia di alberi e proseguire per altri 10 m (occhio ai blocchi) fino alla sosta sotto una bella placca strapiombante (VII- – 40 m)
L4 – Per la placca strapiombante fino al suo termine; quindi in traverso e in obliquo a sx (blocchi) fin sotto uno strapiombo; per esso alla cengia di sosta (VII- e A1 – 40 m). Per la libera meglio attrezzare sosta agli alberi alla fine della prima placca; altrimenti gli attriti, eccessivi, impediscono il movimento.
L5 – A sx passando sotto la macchia di alberi della sosta ; quindi diritti per roccia macilenta fino a uno strapiombo di comodini volanti; al suo termine io vado a sx (rampa, diedro, a sx per placca e rampa uscendo per Orfeo – V+ – 55 m); invece la via dopo i comodini volanti piega a dx per boschetto fino a un alberello con cordino viola sotto strapiombi rossi.
L6 – Usciti dalla parete, ci caliamo per ripetere l’ultimo tiro (1 CD 30 m all’alberello di cui sopra); dalla sosta diritti per breve muro friabile; al fix a dx in camino obliquando a dx fin sotto il tratto più marcato dello strapiombo; salirlo per banca obliqua a sx (occhio a quello che si tira) – 2 fix; c’è un fix – che da sotto non si vede – proprio sopra il bordo; buone prese per moschettonare; vietato volare); quindi in obliquo a sx per buon fessurone e diritti per la sua continuazione; ancora diritti per rocce rotte fino alla sosta (VII- – 30 m).

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